4 maggio 2022

"Donna al piano" di Bernard MacLaverty: un manifesto sul potere salvifico della musica

Lo scrittore nordirlandese Bernard MacLaverty non ha raggiunto una grande popolarità in Italia, sebbene i suoi romanzi brillino per capacità introspettiva e profondità di analisi su argomenti spinosi. Ciò in parte è dipeso dallo scarso interesse mostrato dalla nostra opinione pubblica verso i cosiddetti Troubles, come viene chiamato in gergo il conflitto combattuto in Irlanda del Nord tra il 1969 e il 1998. I romanzi che affrontano il conflitto dell'Ulster non hanno mai avuto grande seguito in Italia, sebbene si tratti di vicende solo all'apparenza lontane. 
D'altro canto, MacLaverty sconta il fatto di non essere uno scrittore molto prolifico: quattro romanzi appena e una manciata di raccolte di racconti. Esordì con Lamb (1980), seguito da Cal (1983) e da un lungo periodo di silenzio editoriale, interrotto nel 1997 con la pubblicazione di Donna al piano, edito in Italia da Guanda. Si tratta di un romanzo profondo e finanche "difficile", una storia amara attraversata da un dolore strisciante che fuoriesce quasi dalle pagine, insinuandosi nell'animo del lettore. MacLaverty racconta l'inquietudine, il male di vivere, l'innominato dolore esistenziale. Lo fa attraverso una vicenda minima e claustrofobica che si dipana quasi integralmente nella mente della protagonista. Lei è Catherine McKenna, una compositrice originaria dell'area di Belfast, trasferitasi a Glasgow per affinare la sua preparazione musicale. Più che un trasferimento, la sua è stata una fuga dalle convenzioni sociali, dalla mentalità ristretta dell'Ulster e dalle spire di un cattolicesimo opprimente incarnato dai genitori, con cui ha infine tagliato i contatti. Il romanzo si apre con il ritorno di Catherine a casa, in occasione della morte del padre. Nella città natale nulla o quasi è cambiato: Belfast è ancora divisa in fazioni e la sua famiglia è una gabbia forse addirittura più soffocante. Quando Catherine svela alla madre di aver partorito da poco una bambina, la frattura diventa un abisso. Si apre così la seconda parte del romanzo, che ripercorre le vicende che precedono il ritorno a Belfast. 
MacLaverty fa uso di una particolare struttura narrativa: il tempo del romanzo non segue l'ordinario andamento cronologico, insegue piuttosto il flusso incoerente dei pensieri di Catherine. Ogni tanto emergono flashbacks, ricordi di quando era ancora bambina ma già sentiva i prodromi dei pensieri ossessivi e colpevoli. Passato e presente si inseguono e si alternano, il tempo si capovolge e si riavvolge senza una regola unitaria. Anche le due parti simmetriche di cui si compone il libro seguono un ritmo inverso: la prima parte narra eventi successivi alla seconda, mentre il finale si ricongiunge idealmente alle pagine iniziali. È in questo continuo gioco di rimandi che sta l'abilità del grande narratore; MacLaverty non si fa sopraffare dal meccanismo, che anzi conduce magistralmente, aggiungendo a ogni pagina nuovi pezzi che si vanno a incastrare nella complessiva tessitura del romanzo.
Ho già accennato alla grande capacità di approfondimento psicologico dell'autore. In effetti la sua penna scava nella psiche della protagonista, mettendo in luce paure, ossessioni e pensieri che Catherine fatica persino a riconoscere come propri. Donna al piano è un romanzo sulla depressione, anzi su quella forma estrema e devastante di depressione che colpisce alcune madri dopo il parto. É come un pugno nello stomaco, la stessa sensazione che si prova leggendo Cal, l'altro bel romanzo di MacLaverty. Diverse sono però le ragioni. Cal è un atroce resoconto dei Troubles, dell'odio feroce che in Irlanda del Nord ha visto contrapporsi cattolici e protestanti. In Donna al piano, invece, la vicenda politica è solo una cornice: le bombe ci sono, ma sembrano più che altro uno sbiadito ricordo del passato. Il dolore di Catherine non ha nulla a che vedere col dramma collettivo di un'intera nazione: è strettamente personale, è il pozzo nero della disperazione in cui può cadere una donna dopo aver partorito. Anche in questo romanzo c'è dunque una guerra, non meno dolorosa: è la lotta di una giovane madre contro i pensieri ossessivi e ansiosi che le avviluppano l'anima come un rampicante. È come se Catherine avesse interiorizzato le contraddizioni, i conflitti e la confusione della sua terra martoriata.
Al tempo stesso, Donna al piano è un manifesto sul potere salvifico della musica. Sono arrivato alla conclusione di questa recensione e mi sorprendo di non averne ancora parlato. La musica è per Catherine l'altra forza dirompente della sua vita, stavolta positiva e creatrice. E sarà proprio la musica a salvarla infine, insegnandole che la mente umana non è solo una forza distruttiva, ma ha in sé un potere immenso, quello di saper creare armonia e bellezza.

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