30 dicembre 2022

(Anche) il pop è una cosa seria: le "canzoni da ricordare" degli Scritti Politti

Gli Scritti Politti sono la creatura di Green Gartside, leader indiscusso e deus ex machina del progetto. Oggi quasi dimenticati, con Songs to remember (1982) e Cupid & Psiche 85 (1985) hanno scritto pagine importanti della musica degli anni Ottanta, collocandosi tra i migliori esponenti di un genere a metà strada tra il synth-pop e il cosiddetto art-pop. Musica raffinata dalle sonorità ricercate e tuttavia non troppo ostica per il grande pubblico. Il nome e gli esordi, però, lasciavano presagire altro: Scritti Politti è una voluta storpiatura degli Scritti politici di Gramsci. D'altronde, il loro primo singolo del 1978 si intitolava Shank bloc Bologna ed era un omaggio al Movimento italiano del '77. Il gruppo di Gartside si inseriva dunque nel discorso già portato avanti da band fortemente ideologizzate e schierate a sinistra del partito laburista, come Sham 69, Redskins e ovviamente Clash. Già dal primo 45 giri, tuttavia, si avvertiva una certa eccentricità rispetto alla radicalità e all'intransigenza del movimento punk, come confermato poi con il primo LP che rappresentò una vera e propria inversione di tendenza. Va da sé che se oggi parliamo ancora di questo gruppo, ciò è dovuto proprio alla scelta di virare verso il sophisti-pop; fossero rimasti fedeli alla linea degli esordi, probabilmente sarebbero ricordati appena da qualche archeologo della stagione punk.
Come già accennato, Songs to remember è un disco pubblicato nel 1982. Intorno all'ingombrante personalità di Green Gartside (voce e chitarre) si muovevano diversi musicisti, sebbene fosse proprio il leader l'autore di tutti i brani e dei sofisticati arrangiamenti. Si parte forte con Asylums in Jerusalem, brano dall'incedere sincopato in pieno stile ska/reggae. Il livello si alza subito con la successiva A slow soul, in cui la calda voce di Green è impreziosita e accompagnata dal sassofono di Jamie Talbot. Jacques Derrida, invece, potevano averla scritta i Beatles. È evidente l'influenza del quartetto di Liverpool, sebbene la coda elettronica finale segni un improvviso cambio di ritmo. Il testo ripropone tracce del passato politicizzato della band, filtrate tuttavia dall'ironia.
«I'm in love with a Jacques Derrida / read a page and know what I need to […] / I'm in love with militante / reads Unità and reads Avanti.»
Si cambia ancora con Lions after slumber, un raffinato synth-pop che esalta il grande lavoro del bassista, su cui si appoggiano le tastiere. Meno brillante Sex, caratterizzata da esuberanti coretti femminili in controcanto. I cori si ripetono nella successiva Faithless, per me l'apice del disco: un perfetto equilibrio fra voci, un pezzo soul che va ascoltato in cuffia per coglierne ogni sfumatura. Le influenze beatlesiane tornano in Rock-a-boy blue, che cala i Fab Four in un'atmosfera jazzata con tanto di assolo finale di contrabbasso. Gettin' havin' & holdin' ha un incedere che va dal funk al reggae, oscillando tra echi del passato e raffinatezze elettroniche. Si chiude con la celebre The sweetest girl, perfetta per i passaggi radiofonici. 
Già il titolo del disco è una dichiarazione di intenti, prima ancora che un proclama e una provocazione: Songs to remember, "canzoni da ricordare". Si dice di alcuni album che o li si ama o li si odia. Il primo lavoro di Gartside & soci rientra in questa categoria, destinato a dividere radicalmente pubblico e critica. In realtà, se non ci si lascia scoraggiare dal primo ascolto, si scoprirà un disco vario e ricco di intuizioni felici (se non addirittura geniali), un caleidoscopio di suoni che spaziano dall'art-pop al reggae, dall'elettronica al jazz, con spruzzate di funk e soul. Un lavoro decisamente figlio del suo tempo, tuttavia ancora piacevole per la proficua commistione di generi e ritmi. Tutto era cominciato con un gruppo che voleva imitare i Clash e che è riuscito a registrare un album pop praticamente perfetto. Vi sembra poco?

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