«Allora per esempio c'era un libro che si chiamava "Sulla strada" di Jack Kerouac ed era bellissimo: tutti a fare l'autostop. Ed era molto bello letto in italiano, però con i nomi americani. Dice "quella sera partimmo John, Dean e io sulla vecchia Pontiac del '55 del babbo di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson". E poi lo traduci in italiano e dici: "quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant'Anna Pelago". Non è la stessa cosa! Gli americani ci fregano con la lingua.»
Così ironizzava Guccini nell'introduzione alla sua Statale 17, nel celebre Album concerto del 1979 registrato assieme ai Nomadi. In queste parole è racchiusa l'idea che romanzi, film e fumetti ci hanno trasmesso degli Stati Uniti, la terra del viaggio e dell'avventura più di ogni altra al mondo. Tutti abbiamo sognato almeno una volta di fare un viaggio coast to coast attraversando cittadine sonnolente e grandi metropoli, deserti e boschi, percorrendo lingue di asfalto che sembrano voler raggiungere l'orizzonte; insomma, il mito di Kerouac, Chatwin e Least Heat-Moon è più che mai vivo nell'immaginario collettivo. La narrativa di viaggio è un genere tradizionale e ben più antico degli autori che ho citato; e se il Novecento è il secolo dei nuovi mezzi di trasporto, i viaggiatori del passato si muovevano confidando principalmente nelle proprie gambe.
Nel 1996 lo scrittore e giornalista statunitense Bill Bryson, all'epoca quarantacinquenne, decise di cimentarsi in un'avventura dal sapore classico: l'attraversamento a piedi dell'intero Sentiero degli Appalachi, da sud a nord. Sebbene fosse fuori forma e praticamente digiuno di escursionismo, non si scoraggiò di fronte alle evidenti difficoltà: si informò adeguatamente su dozzine di volumi e guide, acquistò l'attrezzatura essenziale e trovò persino un alleato disposto a seguirlo, un vecchio amico di nome Stephen Katz. Il Sentiero degli Appalachi (in inglese, Appalachian Trail) è uno dei percorsi escursionistici più celebri del mondo. Collega la Georgia con il Maine, dalla Springer Mountain fino al Mount Katahdin, attraversando ben quattordici Stati. È lungo oltre 3.400 chilometri e ogni anno centinaia di escursionisti tentano di percorrerlo impiegando quattro o cinque mesi di marcia serrata. Gli inverni rigidi degli Appalachi suggeriscono di partire agli inizi di aprile, ma c'è chi si muove alla fine dell'inverno per evitare l'altrettanto insidioso caldo torrido di luglio e agosto. La pista è larga in media un metro e attraversa principalmente aree demaniali: poco meno dell'un per cento del percorso corre su terreni privati su cui insistono servitù di passaggio. Le aree attraversate sono selvagge: colline, montagne, oscure foreste, forre, crinali scoscesi, cime e valloni. Ogni tanto si superano dighe, ponti o strade secondarie che tagliano gli Appalachi da est a ovest e consentono agli escursionisti di raggiungere qualche sparuto centro abitato per riposarsi o acquistare i generi necessari al tragitto.
Una passeggiata nei boschi (1998) è il brillante resoconto di quell'impresa. Bryson non era un esordiente della narrativa di viaggio, avendo già dato alle stampe il celebre America perduta (1989) e Notizie da un'isoletta (1996) sul suo viaggio in Gran Bretagna. È una banalità affermare che un libro faccia viaggiare col pensiero; eppure non c'è frase più efficace di questa per rendere l'idea. Bryson e Katz camminano per giorni nei boschi, dormono all'addiaccio tra bufere di neve e orsi affamati, soffrono e faticano per erte infinite, scambiano pensieri e impressioni con quanti incontrano lungo la pista, gioiscono per una cena più sostanziosa o per una mezz'ora di insperato riposo. E a noi lettori sembra di essere con loro, come se fossero davvero compagni di viaggio e non semplici personaggi di un romanzo.
La scrittura di Bryson è arguta e brillante, lo stile spazia sapientemente dal registro umoristico a quello scientifico, senza tuttavia cadere mai nel nozionismo o nello sterile enciclopedismo. Come aveva già fatto in America perduta, lo scrittore americano arricchisce il racconto con tante informazioni di carattere storico, politico, etnografico e naturalistico. La descrizione di un'autostrada che costeggia per un tratto la pista, diventa ad esempio l'incentivo per una divagazione di più ampio respiro sul processo di motorizzazione di massa negli Stati Uniti. O ancora, la vista di alcuni alberi caduti dà il via a un'amara riflessione sulle piogge acide e sul disboscamento selvaggio. Bryson è prima di tutto un acuto osservatore che in ogni situazione sa cogliere uno spunto di riflessione o anche semplicemente l'abbrivio per qualche considerazione semiseria o umoristica. L'ironia e l'autoironia sono sicuramente il registro prevalente della narrazione: tanti sono i siparietti che strappano un sorriso e a volte si ride davvero di gusto. Ci sono poi digressioni colte e considerazioni polemiche, nonché pagine di pura narrativa d'avventura. Tutti questi elementi sono perfettamente dosati, sicché Una passeggiata nei boschi è appassionante come un romanzo d'avventura, interessante come un saggio, arguto come una raccolta di aforismi, "cinematografico" come un documentario. Senza tema di smentita si può dunque affermare che l'equilibrio tra le diverse componenti sia il pregio più evidente del romanzo.