14 dicembre 2023

Roma da (ri)scoprire n. 8: il sacrario degli uomini liberi

È stata la lettura dell'importante romanzo di Guglielmo Petroni, Il mondo è una prigione, a instillarmi la curiosità di visitare il Museo storico della Liberazione. Nel libro Petroni racconta i duri giorni trascorsi a Roma nel 1944, arrestato dai tedeschi per la sua attività di antifascista e recluso in quattro luoghi: la casermetta dei militi forestali, il commissariato di via Flaminia, l'atroce carcere di via Tasso e, infine, il terzo braccio di Regina Coeli, gestito dagli occupanti tedeschi. Il museo è sito in via Tasso al numero civico 145, proprio nei locali adibiti a prigione dalle SS fino al 4 giugno 1944. L'edificio in origine ospitava gli uffici culturali dell'ambasciata tedesca, ma dopo l'otto settembre del 1943 fu convertito a sede del servizio e della polizia di sicurezza, entrambi gestiti direttamente dalle SS e comandati dal tenente colonnello Kappler. In questo luogo, durante il periodo dell'occupazione, circa duemila tra uomini e donne, militari e civili, accusati di essere partigiani o loro fiancheggiatori, furono segregati, picchiati, torturati, interrogati e detenuti. Trattandosi di un edificio convertito approssimativamente in luogo di detenzione, la permanenza era temporanea e poteva durare da un solo giorno a qualche mese. Successivamente i prigionieri, salvo casi rarissimi in cui furono liberati, venivano destinati al carcere cittadino di Regina Coeli, oppure spediti di fronte al Tribunale di guerra tedesco per essere condannati alla fucilazione, all'internamento in Germania o in un lager. Molti figurano anche tra i martiri delle Fosse Ardeatine. A via Tasso è inoltre attestata la morte di almeno due prigionieri nel corso degli interrogatori.
Il museo si sviluppa su quattro piani e in pratica è composto da tre appartamenti identici e non comunicanti tra loro. Entrando in ciascuno di essi si percepisce immediatamente che si tratta di una civile abitazione convertita in fretta e furia in carcere. Ogni stanza, a eccezione del bagno, venne infatti trasformata in cella dalle SS. Gli appartamenti erano composti da quattro celle, corrispondenti in origine alla cucina, al salone e a due camere da letto. Sui muri sono presenti ancora le carte da parati dell'epoca, mentre nella stanza che doveva essere la cucina ci sono la cappa di aspirazione e il lavello. Vi è poi un ambiente stretto e lungo, originariamente uno sgabuzzino, utilizzato dalle SS come cella di isolamento. Tutte le finestre sono murate, a eccezione di piccole aperture situate in alto per consentire il passaggio di aria. Non è difficile immaginare le terribili condizioni a cui furono costretti i patrioti ivi rinchiusi; anzi, la cosa che più mi ha colpito è proprio lo stridente contrasto tra l'apparenza della civile abitazione, emblema del calore familiare, e la realtà di luogo di tortura, ingiustizia e dolore.
Le stanze adibite a cella
Le sale del museo contengono una grande mole di documenti di ogni genere. Sono esposti ritagli della stampa periodica clandestina delle formazioni partigiane, corrispondenza e pagine di diario dei prigionieri, documenti ufficiali del registro matricola del carcere, sentenze e provvedimenti del Tribunale militare, oltre a decine di giornali, manifesti, avvisi murali e fotografie. Negli espositori sono inoltre contenute medaglie, onorificenze, vestiti e altri piccoli oggetti appartenuti ai prigionieri, a rimarcare che questo è un museo incentrato sull'uomo e non sugli eventi storici. 
Molto toccanti sono le celle di isolamento, lunghe, buie e strettissime perché ricavate negli sgabuzzini. Trattandosi dell'unica parte degli appartamenti che non era rivestita da carta da parati o mattonelle, i prigionieri hanno potuto incidere sulle bianche pareti una serie di pensieri, preghiere, riflessioni e ultime volontà. Fermarsi a leggerle, oltre che commovente, è una tappa obbligatoria per il rispetto che si deve a questi patrioti. C'è poi una grande sala dedicata ai martiri delle Fosse Ardeatine che contiene ritratti, brevi biografie e piccoli cimeli. In tutte le stanze sono presenti cartelli esplicativi in italiano e inglese sulla storia di Roma dall'avvento del fascismo fino alla liberazione.
Uscito dal museo, mi è venuto da pensare che è in luoghi come questo che si è fatta l'Italia libera e democratica in cui abbiamo avuto la fortuna di nascere. Tradizionalmente quando si parla di Resistenza vengono in mente le montagne oppure le strade cittadine in cui si è combattuto; eppure anche nei pochi metri quadrati degli appartamenti di via Tasso è stata tracciata la strada verso la libertà. E colpiscono soprattutto le parole lasciate sui muri delle celle di isolamento dai prigionieri, parole da cui emerge una grande fiducia verso il futuro del Paese.
«Ama l'Italia più di te stesso, più del mondo dei tuoi affetti, più della vita tua e dei tuoi cari, senza limitazione alcuna, con fede incrollabile nel suo destino. Solo così potrai morire per Lei serenamente e senza rimpianti come i Martiri che ti hanno preceduto. A.P.»
Questa la traccia lasciata dal partigiano firmatosi A.P. Sono parole profondamente sentite che non hanno nulla di vuoto e retorico, e anzi invitano tutti noi a una scelta di campo e a un'assunzione di responsabilità.
Un luogo che merita una visita, tanto più che l'ingresso è libero e sono anche disponibili gratuitamente le audioguide.
L'ingresso della Sala delle Fosse Ardeatine
La disposizione delle celle negli appartamenti

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