Giova subito chiarire che Perle
per porci (2016) è un album di cover.
L’ultimo disco di inediti dei Rossofuoco è invece Rojo del 2011, in cui Canali usava la sua chitarra disturbata per
combattere i poteri forti e le storture del mondo. A cinque anni di distanza, il
chitarrista di Predappio ha deciso di cimentarsi in un progetto in qualche
misura rischioso: sfornare un album interamente formato da cover. Non si tratta di una novità assoluta nel panorama del rock
indipendente italiano; mi viene in mente Un
ricordo che vale dieci lire di Federico Fiumani del 2014, in cui il
cantautore punk per eccellenza reinterpretava brani di autori noti, come
Dalla e Battisti. L’operazione portata avanti da Canali è diversa e
controcorrente, come d’altronde è nello stile del personaggio. Perle per porci contiene probabilmente
le canzoni che Canali vorrebbe aver scritto, e la scelta è tutto fuorché
scontata. Il disco non è però un semplice divertissement,
ma si propone un meritorio obiettivo di recupero, non sempre archeologico, di
canzoni che non hanno avuto i riconoscimenti che avrebbero meritato. In questo
senso sono state “perle buttate ai porci”, gettate nel mare magnum del mercato discografico senza essere state adeguatamente
recepite da un pubblico disabituato alla musica di qualità. Il punto di forza
dell’album è che tutte le tredici canzoni sembrano essere state scritte da Canali,
che le interpreta con la sua consueta energia mista di dolore e rabbia,
coadiuvato da Steve Dal Col alla chitarra, Marco Greco al basso e chitarra e
Luca Martelli alla batteria.
Come ho detto, la scelta dei brani non ha un carattere propriamente
archeologico: se certamente vengono recuperati vecchi pezzi di artisti famosi (De
Gregori, Finardi) o meno (Frigidaire tango, Faust’O), Canali si cimenta al
tempo stesso in cover di canzoni
contemporanee di un certo successo (Lacrimogeni)
o sconosciute ai più. Il disco è stato trainato dal potente singolo Tutto è così semplice di Macromeo,
presentato con un simpatico video in stile retrò, in cui i Rossofuoco fluttuano
con le immagini di un vecchio campionato mondiale di frisbee sullo sfondo. A.F.C.
(Angelo Fausto Coppi) è una delle canzoni più “canaliane” del disco, che a
tratti ricorda MP nella BG, altro brano
sul ciclismo contenuto in Nostra Signora
delle dinamite. E ancora, Canali ci ricorda quanto Faust’O sia un grande
cantautore sottovalutato: Buon anno è
infatti uno dei punti più alti del disco, di eterea e struggente bellezza. Anche
quando reinterpreta colleghi più quotati, l’ex-CSI riesce a dare alle canzoni
un’impronta inconfondibile, grazie a quel marchio di protesta (si ascolti F-104 di Finardi) e di ironico menefreghismo
(Storie di ieri di De Gregori) che
contraddistingue tutta la sua carriera solista. Degne di nota sono anche Canzone dada, dall’incedere sostenuto e
dal testo surreale, e la splendida ballata Un
giorno come tanti dei Mary in
June. Lacrimogeni, invece, è ancora
più dilatata e sofferta rispetto alla versione originaria de Le luci della
centrale elettrica. Altro punto di forza è Mi
vuoi bene o no? di Angela Baraldi, che Canali personalizza persino nel
testo: è inconfondibilmente suo il verso «non
mi piace aver paura / quando sento una sirena», al posto di «non mi piace aver paura
/ quando torno a casa sola / sento un brivido alla schiena / sento un nodo che
si stringe in gola».
Salvo qualche episodio meno incisivo (Pesci e sedie, Richiamo), il disco scorre via piacevolmente per
quasi un’ora, regalandoci un Canali inedito, forse meno incazzato e più
riflessivo, il ritratto di un uomo che rivela se stesso prendendo in prestito
le parole scritte da altri. Se già possedete la discografia completa dei
Rossofuoco, questo disco è da avere come necessario completamento.
Giorgio Canali & Rossofuoco: foto promozionale per Perle per porci (2016)
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