Non si può negare che il successo segua sovente strade imprevedibili.
Certo, il talento e la fortuna rivestono un ruolo decisivo, ma non sono gli unici
elementi in gioco. In un Paese dalle molte periferie qual è l’Italia, nascere
ed esprimersi artisticamente al di fuori dei grandi centri può essere un
handicap; se poi la proposta musicale è pure atipica, raggiungere il grande
pubblico diventa una chimera. Questo è successo a Gino D’Eliso, chitarrista e
cantautore nato a Trieste nel 1951. Un rocker nostrano con quattro
LP all'attivo: Il mare (1976), Ti ricordi Vienna? (1977, con echi new-wave), Santi ed eroi (1979) e l’ultimo Cattivi
pensieri (1983).
Il terzo disco, Santi ed eroi, fu pubblicato dall’etichetta
sussidiaria della Philips, la Phonogram, nel 1979. Accattivante la copertina in
stile fumettistico, con l'artista in primo piano in posa da duro, chitarra elettrica bianca e
sigaretta tra le dita. A leggere i crediti c’è da rimanere
stupiti della qualità dei musicisti coinvolti, a dimostrazione della stima di
cui godeva il bravo cantante triestino. Il disco
si avvale della collaborazione di musicisti di primissimo piano della scena
rock italiana degli anni Settanta: Walter Calloni alla batteria, Claudio Dentes
alla chitarra, Paolo Donnarumma e Bob Callero al basso, Tony Soranno alle
chitarre elettriche, Claudio Pascoli ai fiati, nonché il grande Lucio “Violino”
Fabbri. Stiamo parlando di musicisti sopraffini, gente che suonava con artisti
del calibro di PFM, Area, Fossati, Finardi, Camerini, Daniele, De Andrè,
Battisti, Dalla, Stratos, Bennato. Secondo le parole dello stesso D'Eliso, il
disco venne suonato in un festoso «clima
da jam session», cosa di cui non dubitiamo data la straordinaria qualità degli
strumentisti.
Santi ed eroi è un
lavoro originale e interessante, tuttavia di difficile classificazione. Già
dai primi solchi emergono i punti di riferimento di D’Eliso, che sono in egual
misura la canzone italiana e il rock and
roll americano, entrambi filtrati attraverso una sensibilità mediterranea e
balcanica, tipica di una Trieste crocevia di identità e culture differenti. Una
musica in continua evoluzione e in cerca di una definizione, che lo stesso artista
chiamerà poi mitteleurock, come il
titolo di un singolo pubblicato nel 1980.
Il lato A è decisamente ispirato e vario. I due pezzi forti sono marcatamente
rock, con le chitarre elettriche in evidenza: la pimpante Quelli più belli e l’inno ribelle L’età migliore. Altrettanto efficaci e intriganti sono L’ora del tè e Iole antica Iole, che ricorda un po’ lo stile di Ivan Graziani, mentre
La notte si esalta in un azzeccato
ritornello. I cinque brani mostrano i vari volti di un artista originale e non
classificabile, che sapeva passare con eguale disinvoltura dalla rock song alla canzone d’autore.
La seconda facciata inizia con la riflessiva Come sempre primavera, all’epoca lanciata come singolo. La canzone
che dà il titolo all’album, Santi ed eroi,
si apre con ritmi balcanici, per poi espandersi in un efficace riff di chitarra elettrica. Ricordi di
vita triestina emergono invece nella commovente Povera gente, nella ironica Capitan
Domenico, nonché nella riflessiva Casa
mia (Cuĉa moja).
Non bisogna farsi ingannare dal fatto che in pochi ricordino l’artista
triestino: Santi ed eroi è davvero un
bel disco, suonato bene e con testi sopra la media. In un panorama piuttosto
desolante quanto a rocker nostrani, Gino D’Eliso avrebbe meritato molto più spazio.
Se riuscite, procuratevi questo 33 giri o il successivo Cattivi pensieri.
La copertina di Santi ed eroi e il retro del 33 giri
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