A causa di decisioni politiche
scellerate stiamo vivendo il momento più basso delle relazioni tra Italia e
Russia dalla fine del secondo conflitto mondiale. Mai come in questi giorni
andrebbero pertanto riscoperti i secolari legami tra i due popoli. E invece,
persino in certi ambienti culturali evidentemente inquinati dalla malafede
ideologica, l'arte russa è stata bandita, come se le colpe dei governanti
dovessero ricadere sugli incolpevoli intellettuali. Vale allora la pena rievocare
una vicenda quasi dimenticata: c'è stata un'epoca in cui uno dei più grandi
cineasti sovietici ambientò proprio in Italia uno dei suoi massimi capolavori.
Nostalghia, di Andrej Tarkovskij, fu
girato nel 1983 tra la Toscana e Roma. È facile riconoscere alcuni tra i
luoghi più suggestivi del Centro Italia: le terme di Bagno Vignoni, l'Abbazia
di San Galgano, la chiesa sommersa di Santa Maria in Vittorino, la scalinata di
Piazza del Campidoglio. La cinepresa trasfigura questi luoghi, rendendoli
brumosi, malinconici, circondati da un'aura mistica. Strumento della
trasfigurazione è l'acqua, che è per Tarkovskij l'elemento essenziale, la forza
primordiale che genera la vita. Ci sono le sorgenti fumanti della vasca di
Bagno Vignoni, il torrente che entra dal portale della Chiesa di Santa Maria in
Vittorino, la pioggia che cade come un manto sulle rovine di San Galgano; e
ancora, non si contano nel film le scene in cui la cinepresa indugia su una
pozzanghera, un rivo, uno specchio d'acqua e persino su una bottiglia o una
bacinella. E lì dove manca l'acqua, c'è la morte, come nella drammatica scena
in cui Domenico si dà fuoco in Piazza del Campidoglio.
Parlare della trama ha poco senso,
dato che nel film la narrazione prevale sull'intreccio e la vicenda è
subordinata alla raffigurazione. A ogni buon conto, tutto ruota intorno al
malessere di Andrei Gorčakov, un poeta sovietico recatosi
in Italia per ripercorrere i passi di un suo celebre connazionale, un
compositore del Settecento. In Unione Sovietica Andrei ha lasciato la moglie e i
figli che accorati ne attendono il ritorno. Sua compagna di viaggio è Eugenia,
una giovane interprete che è attratta dal poeta ma al tempo stesso non tollera la
sua scarsa intraprendenza. Andrei è infatti un uomo spento, taciturno,
malinconico, ingabbiato nelle spire di una vita che giudica falsa, impoetica,
priva di slanci.
L'incomunicabilità è uno dei temi centrali del film: non c'è affinità
tra Andrei e la sua interprete, né con la sua famiglia che lo aspetta in Russia.
Lo stesso distacco emotivo lo vive rispetto al suo lavoro, tanto che di fatto
non scrive neppure una riga della biografia che aveva in mente. Eppure il
viaggio in Italia lo trasforma irrimediabilmente. In Toscana incontra Domenico,
ritenuto pazzo dai suoi concittadini perché ha tenuto rinchiusa in casa la sua
famiglia per sette lunghi anni in attesa della fine del mondo. Domenico è un
uomo diffidente, un visionario ossessionato dalle credenze millenaristiche;
eppure è con lui che Andrei inizia un percorso spirituale e di rivelazione. Per
Tarkovskij anche il cinema è un atto di preghiera e non a caso le due scene che
aprono e chiudono il film sono imbevute di profondo misticismo. Mi riferisco
alla scena iniziale della Madonna del parto e a quella finale del rito della
candela di Santa Caterina.
Nostalghia è tutt'altro che un'opera semplice. Tarkovskij ha
compiuto un'operazione ambiziosa e quasi folle: trasporre su pellicola il
ritmo, la forma e la sostanza della poesia. Nostalghia è a tutti gli effetti
poesia cinematografica, un potente condensato di immagini liriche e rimandi
onirici che non è possibile riassumere entro i confini dell'ordinario narrare.
Come nella poesia ogni parola è portatrice di innumerevoli significati, così
ogni scena del film può essere letta e interpretata a seconda della sensibilità
dello spettatore. È un film volutamente lento e riflessivo, in cui i silenzi
predominano sugli scarni dialoghi; ciò, paradossalmente, restituisce alla
parola la sua centralità. La parola in Tarkovskij, al pari dell'acqua, è forza
creatrice che va centellinata.
Gli attori sono perfettamente funzionali a ciò che il regista
aveva in mente. Domina la scena Oleg Jankovskij, con il suo viso afflitto,
l'incedere lento, le poche parole soffiate dalle labbra. Egualmente degne di
nota l'interpretazione intensa e drammatica di una giovanissima Domiziana Giordano
nel ruolo di Eugenia, nonché quella di Erland Josephson nel ruolo di Domenico.
Nostalghia è un lungometraggio difficile e persino coraggioso nelle scelte stilistiche, che andrebbe visto più volte per cogliere almeno una parte dei molti significati nascosti. Sarebbe bene riscoprirlo oggi, per comprendere che la cultura russa non è poi così lontana come qualcuno malignamente suggerisce.
Poster del film (immagine tratta da travelingintuscany.com)
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