12 aprile 2024

Il secondo battesimo rock di Eugenio Finardi

Intitolato semplicemente Finardi, il sesto album in studio del rocker milanese uscì nel 1981. Ascoltandolo, viene da chiedersi se sia stato l'ultimo della prima fase della sua carriera, oppure il primo di una nuova era. Roccando rollando (1979) aveva un nome tipicamente seventies, e infatti aveva chiuso quel decennio. Intitolare il disco successivo Finardi tradiva la volontà di ripartire da capo, o comunque di intraprendere una coraggiosa inversione di marcia. Ingaggiato il celebre produttore Angelo Carrara, l'album fu registrato nei mesi di novembre e dicembre 1980 nei gloriosi Stone Castle Studios al castello di Carimate. In origine il cantautore avrebbe voluto utilizzare l'inglese, anche per via dell'ottima padronanza della lingua (la madre era americana), ma la casa discografica si oppose e i testi furono tradotti in italiano. L'idea originaria venne tuttavia concretizzata l'anno successivo con Secret streets.
La copertina, realizzata graficamente dal grande Mario Convertino, mostra il viso di Finardi trasfigurato da una chitarra elettrica trasparente, una Exile custom realizzata dalla Glass Master che è possibile ammirare in uno speciale registrato per la Rai. In questo album sono tre gli indici di un cambio di direzione rispetto al passato. Il primo è nella scelta di farsi affiancare da un paroliere, il "quinto Pooh" Valerio Negrini. Quasi tutti i testi sono scritti in collaborazione con quest'ultimo, la cui mano si sente sia nei pezzi arrabbiati che in quelli più lirici (si pensi a Oltre gli anelli di Saturno), nonché nella distopia di Prima della guerra.
«Dicono di un congegno che sparava gli occhi sulle stelle,
che potevi guardare in un uomo attraverso la sua pelle,
e la gente accendeva certi specchi intelligenti
e arrivavano immagini e voci dai posti più distanti.»
La seconda novità riguarda i musicisti. I precedenti due album, Blitz e Roccando rollando, erano suonati dai Crisalide, band di supporto con il compianto Stefano Cerri, Mauro Spina, Luciano Ninzatti ed Ernesto Vitolo. In Diesel e Sugo, invece, suonavano il fido chitarrista Alberto Camerini, nonché musicisti del laboratorio Cramps come Tavolazzi e Fariselli degli Area. Per Finardi invece si optò per turnisti di rilevanza internazionale: Ray Fenwick alle chitarre (The Syndicats, The Spencer Davis Group), John Gustafson al basso (Quatermass, Roxy Music), Derek Austin e Mike Moran (poi con gli Heart) alle tastiere, nonché il mitico Les Binks (Judas Priest) dietro le pelli. Da ricordare anche il cameo di Lucio Dalla, clarinettista in Valeria come stai?
La terza novità rispetto ai precedenti lavori è nel suono. Sotto questo profilo, Finardi è un disco "ottantiano"; si potrebbe persino azzardare che sia figlio del punk e della nascente new wave, con accenni elettronici mai invasivi. Senza voler fare l'analisi traccia per traccia, le canzoni possono essere suddivise in tre gruppi. Nel primo ci sono dei pezzi rock tiratissimi: l'incalzante Trappole, la furiosa Mayday e l'incazzata F104, riproposta recentemente da Giorgio Canali. Valida anche Computer, che sembra anticipare l'attuale perniciosa moda degli influencer.
«Con il mio calcolatore abbiam capito com'è,
il segreto del successo è programmarsi da sé,
doppiarsi nello specchio e pettinarsi la grinta.
La gente si innamora solo della gente convinta.»
Poi ci sono le ballate d'amore; in primis il reggae di Valeria come stai?, nonché la dolcissima Patrizia, forse la canzone che tutti vorrebbero aver scritto per la donna amata. Degna di nota anche l'invettiva di Piccola stupida, con un testo tra l'ironico e l'irriverente che oggi verrebbe messo all'indice. Vanno infine menzionati tre brani di eccellente fattura, a metà strada tra il soft rock e il cantautorato più raffinato: Prima della guerra, Oltre gli anelli di Saturno e Le stelle stanno ad aspettare, con la seconda una spanna sopra le altre.
La mia opinione è che il disco avrebbe avuto ben altri riconoscimenti qualora l'avesse partorito un altro artista. Cercherò di spiegarmi meglio. Quando uscì il 33 giri, Finardi era in trincea da più di dieci anni, avendo realizzato due tra i migliori album italiani degli anni Settanta, Diesel e Sugo. Era stato un assoluto protagonista del decennio, al punto che brani come Musica ribelle e La radio erano inni del movimento studentesco. Inevitabile pertanto il confronto, che ha fatto passare sotto traccia questo disco del 1981, così diverso dai precedenti. Eppure dentro ci sono tante idee e il suono è più internazionale di molti lavori coevi. Sono sicuro che, qualora lo avesse pubblicato una band sconosciuta o un nuovo cantautore, avrebbe avuto maggiori riconoscimenti. Forse oggi sarebbe entrato di diritto in una classifica dei cento migliori dischi di rock italiano. Se non è così, è solo perché gli anni Settanta di Finardi sono talmente grandi da mettere in ombra ciò che è venuto dopo.

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