7 marzo 2020

"Fame" di Knut Hamsun: la povertà è la suprema dannazione

Inizio con una considerazione banale: la fame è la vera protagonista di questo celebre romanzo del Premio Nobel norvegese Knut Hamsun (1859-1952). Andando più a fondo, si scopre che la “fame” del titolo non è intesa solo in senso materiale, ma anche spirituale, come fame di vita, di sapienza, di emozioni. Il protagonista, vero e proprio alter ego dell'autore, è un giovane letterato, narciso ed egocentrico, convinto di essere una mente eletta ma incompresa dai contemporanei, tacciati di grettezza e conformismo. Per campare scrive articoli su un paio di quotidiani, ma deve fare i conti con due nemici implacabili: la scarsa ispirazione e la povertà. Gli unici beni che possiede sono un mozzicone di matita e un fascio di fogli bianchi, su cui riversa pensieri torrenziali e confusi sull'arte, la società, la politica, la morale e persino la religione. I suoi scritti non sempre incontrano il favore degli editori, perché considerati incendiari e rivoluzionari, inadatti ad un pubblico addomesticato e piccolo-borghese. Dopo una serie di rifiuti, esaurite anche le poche corone rimediate occasionalmente, egli scivola lentamente nella miseria più nera, arrivando persino a scucirsi i bottoni della giacca nella speranza di poterli dare a pegno. Si ritrova così a vagare per Christiania (vecchio nome di Oslo), la città «che nessuno può lasciare senza portarne addosso le cicatrici», alla ricerca spasmodica di denaro e ispirazione.
Il romanzo narra con un ritmo serrato le peregrinazioni dello squattrinato protagonista per le vie della capitale norvegese, gli innumerevoli tentativi di raggranellare qualche spicciolo per riempire la pancia o pagare la pigione della misera stanza presa in locazione. Sono vicende spesso grottesche o al limite del paradosso, che catapultano il lettore in una realtà di amaro disinganno, dove conta quanto si possiede in tasca e non quanto si ha in testa. La povertà è dunque la suprema dannazione, più ancora della pazzia. Si pensi ad uno dei punti cruciali del romanzo, l'incontro tra il protagonista e una misteriosa ragazza che in un primo momento si innamora di lui, per poi abbandonarlo quando si avvede della sua miseria. Ella è pronta a perdonargli tutto, ma non la povertà. Il suo sentimento vacilla credendolo un pazzo o un criminale, eppure resiste; crolla infine quando si avvede che l'uomo che le sta di fronte è uno straccione.
Fame è soprattutto un libro di sensazioni fisiche, visive e tattili; l'immedesimazione col protagonista è in questo senso totale. Il romanzo si sviluppa su due piani, il “fisico” e lo “psicologico”. Sotto il primo profilo, Hamsun riesce a trasmettere al lettore le medesime sensazioni provate dal protagonista: la nausea, la debolezza estrema, il dolore agli arti, il senso di vuoto allo stomaco che cerca di colmare masticando trucioli di legno. Quanto al piano psicologico, si tratta di un impeccabile resoconto della graduale ma inesorabile discesa verso la follia. I due piani si compenetrano: il protagonista impazzisce perché affamato, ma al contempo soffre la fame perché ossessionato dai mostri di un pensiero non conforme, che lo relega ai margini della società civile, in cui non c'è spazio per i suoi scritti visionari. 
Il libro ha i tratti del romanzo picaresco, sebbene si tratti di una definizione riduttiva. Anche il picaro ha “fame di vita”, ma vive allegramente la propria condizione; da ottimista qual è, sa che ogni giorno riuscirà a mettere insieme il pranzo con la cena, senza troppo penare. La sua è essenzialmente fame di pancia. Il protagonista di Hamsun, invece, non sa darsi pace, perché la sua è fame di successo, desiderio di vedersi riconosciuto un posto privilegiato nel mondo. Non è spensierato, ma porta addosso tutte le nevrosi e le ossessioni dell'uomo moderno, prima fra tutte quella per il dio denaro. In ciò somiglia a Gordon Comstock, il protagonista di Fiorirà l'aspidistra, con la differenza che Fame è stato scritto circa quarant'anni prima del capolavoro di Orwell. Impossibile allora non riconoscere la straordinaria modernità di Hamsun, che ha avuto la capacità di precorrere i tempi; per stile, tematiche e sensibilità, Fame è a tutti gli effetti un libro novecentesco, sebbene sia stato pubblicato nel 1890.

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