Ritorna “Due chiacchiere con…”, uno degli appuntamenti più seguiti
del blog. Stavolta ospito Diego Galeri, che mi ha concesso un'appassionante
intervista via mail. Ogni presentazione è superflua, trattandosi di uno dei
musicisti più influenti della scena rock italiana. Basti dire che è stato
fondatore e batterista dei Timoria, con i quali ha inciso, tra gli altri, il
monumentale Viaggio senza vento (1993). Dopo lo scioglimento dei
Timoria, ha fondato i Miura assieme all'amico Illorca, con i quali ha
pubblicato tre dischi: In testa (2004), Croci (2008) e 3
(2009). E proprio alla parentesi dei Miura è dedicata una buona parte
dell'intervista, in quanto ritengo che avrebbero meritato maggiore successo e
attenzione. I suoi più recenti progetti prendono invece i nomi di Adam Carpet e
del10. È inoltre un
apprezzato produttore, con la sua etichetta Prismopaco. Insomma, un artista
continuamente in movimento, che ama cambiare e percorrere
strade sempre nuove, come da titolo dell'intervista. Per tenervi aggiornati sul suo lavoro, visitate le pagine
ufficiali su Facebook e Instagram.
Prima di lasciarvi alle sue parole, lo ringrazio pubblicamente per la
cortesia e la disponibilità dimostrate.
Domanda. Dei Timoria si è detto e si è scritto tanto. Sui Miura invece circolano
poche notizie, nonostante si tratti di una delle formazioni italiane più
interessanti della scena rock di inizio millennio. Com'è nato il progetto?
Quali erano le vostre fonti di ispirazione?
Risposta. La band è nata subito dopo lo scioglimento dei Timoria. Io e
Carloalberto volevamo continuare a suonare assieme e volevamo proseguire nella
stessa direzione di suono. Volevamo riappropriarci della matrice rock che
nell'ultimo disco dei Timoria avevamo un po' perso a favore di un sound più acustico,
e nello stesso tempo volevamo contaminarci con alcuni generi musicali che ci
stavano particolarmente stimolando all'epoca, stiamo parlando della fine del
2003; lo stoner rock in genere viveva un periodo florido e a noi piaceva
l'approccio viscerale che avevano molte bands di quella scena. Decidemmo di contattare Killa (Francesco Capasso), già chitarrista di Alligator e Zona, che ci piaceva molto e con cui avevamo fatto dei concerti in passato. L'intesa fu immediata e insieme a lui iniziammo da subito a scrivere le canzoni che poi sono finite nel primo album In testa.
D. In testa, l'esordio dei Miura, era un lavoro di rodaggio, in parte legato anche ai trascorsi dei Timoria. Il successivo Croci del 2008, invece, è un disco maturo e potente, che ha visto la partecipazione di molti ospiti, come Moltheni, Lubjan e Giorgio Canali. Linea di confine, Perle e fiori, M.A.I.A., Scompaio, e la stessa cover de Il cielo in una stanza, sono ottimi pezzi, che avrebbero meritato maggiore successo. Puoi parlarci di questo disco? C'è qualche aneddoto particolare legato alla sua realizzazione?
R. In testa è stato un disco importante. Dopo tanti anni (17 circa) con la stessa band, fare un disco con una nuova formazione e un nuovo progetto è stato come respirare una boccata d'ossigeno e ritrovare l'entusiasmo degli esordi. Il suono di quel disco mi piace un sacco e alcune canzoni erano davvero notevoli. Croci, invece, è arrivato dopo un periodo molto travagliato e sofferto; il tragico incidente che coinvolse me e Carloalberto nel 2004 aveva lasciato un vuoto incolmabile e una pesantezza profonda. Da In testa infatti passarono tre anni, ci volle tutto quel tempo per ritrovare l'energia e la concentrazione per fare un nuovo disco, complice anche il cambio di formazione con l'arrivo di Max Tordini (cantante dei Mesas) alla voce al posto di Jack, che richiese ulteriore tempo. Decidemmo di coinvolgere una serie di musicisti amici per suonare il basso in alcuni brani e per due feat. vocali meravigliosi (Motheni e Lubjan). Oltre a loro e a Giorgio Canali, che produsse artisticamente il disco, suonarono anche Walter Clemente dei Deasonika, Mirko Venturelli dei Giardini Di Mirò, Steve Dal Col dei Frigidaire Tango, Pietro Canali della band di Moltheni e Marcello Todde dei Matra che poi ci seguì anche in tour. Avevamo accumulato un consistente numero di brani e con Giorgio ne selezionammo dodici per la tracklist dell'album. In quel periodo avevamo ascoltato molto Oceansize, Dredg, God Machine, Cave In, Amplifier, Interpol e tutte queste influenze credo siano convogliate nel nostro modo di scrivere e suonare. Il lavoro sui testi per Croci fu corale. I giorni di lavoro in studio (Chichoi Recording Studio a Bassano del Grappa) furono particolarmente intensi, arrivavano spesso ospiti e ognuno di loro lasciava un segno importante nelle nostre canzoni. Per un certo periodo, era estate, io e Giorgio ci trasferimmo a casa sua a Ferrara portandoci dietro gli hard-disks e il Mac dello studio. Lavorammo giorno e notte a casa sua per una settimana circa, e quando era il momento di staccare io dormivo in cucina. Io e Giorgio non lavoravamo assieme dal 1989, anno in cui registrammo Colori che esplodono con lui come fonico. Giorgio è un viscerale, quel che pensa dice e quel che gli piace fa...è rimasto un grande affetto tra noi. Un evento che ricordo di quel periodo fu la realizzazione del servizio fotografico per la copertina con Michele Corleone, mio amico fraterno dai tempi dei Timoria. In una giornata infinita allestimmo il set in un garage a Vigevano, disponendo un centinaio di candele e decine di oggetti. A fine giornata dovemmo naturalmente ripulire tutto, la cera delle candele aveva imbrattato tutto il pavimento, ma le foto erano super! Per il video di M.A.I.A. invece la regia fu co-affidata a Michele (Corleone) e a Fabio Capalbo. Con sforzi sovrumani della troupe in due giorni di riprese realizzarono un video meraviglioso, anche grazie alla magistrale interpretazione di Francesco Migliaccio e Adriana Busi. Il periodo di Croci fu molto intenso, le cicatrici erano certamente rimaste profonde ma almeno ritrovai la consapevolezza di voler fare musica ancora.
D. E veniamo all'ultimo album, intitolato semplicemente 3 e uscito nel 2009. È un lavoro che si distacca dai precedenti, forse più vicino al sound statunitense. Potresti spiegarci le ragioni di questo “cambiamento di rotta”?
R.
Personalmente sono sempre stato molto “curioso” e in qualche modo mi annoio
facilmente... Non amo ripetere lo stesso schema all'infinito, motivo per il quale
non mi piace particolarmente guardare al passato come spesso fanno alcuni miei
colleghi. Croci era stato un punto di svolta importante per la band, serviva
guardare avanti ed evolversi. Non a caso chiamammo Giacomo Fiorenza a produrre
il disco. Il lavoro che aveva fatto con Moltheni e Giardini di Mirò ci era
piaciuto molto e pensavamo che potesse dare il giusto “feel” alle nuove canzoni
che avevamo scritto. Fu così. Giacomo è un produttore “no compromise”, ha il
suo suono e il suo concetto di musica ben in testa. Dunque, più che in altre
occasioni, ci facemmo guidare affidandogli gran parte delle scelte di
arrangiamento e mix. Credo sia in ogni caso l'attitudine che serve quando
affidi la tua musica ad un produttore artistico; non ho mai capito chi sceglie
un produttore e poi ne contesta continuamente il lavoro. Registrammo 3 in uno
studio ricavato in una vecchia casa nel borgo disabitato di Cattognano in
Lunigiana; Claudio Morselli, con il quale avevo già lavorato per gli ultimi tre
dischi dei Timoria e per In testa, aveva da poco avviato quel meraviglioso
studio e, dopo un sopralluogo, decidemmo che era il posto ideale per fare il
disco che avevamo in mente. Per circa sei settimane rimanemmo là, completamente
isolati ad eccezione di qualche discesa a valle per le sagre del panigaccio.
Giacomo portò un sacco di suoi strumenti vintage e per registrare usammo quasi
esclusivamente quelli. Fu un'esperienza straordinaria sia dal punto di vista
umano che da quello artistico. Con Giacomo ho esplorato mondi musicali con i
quali mi ero confrontato raramente e che mi hanno profondamente influenzato
anche per i dischi a seguire...Sparklehorse su tutti. Come primo singolo
scegliemmo Normale, un brano il cui testo era mio, una sorta di stato dell'arte
della mia vita in quel momento. Il video di Normale fu meravigliosamente
realizzato in animazione da Diego Lazzarin. Nei concerti che seguirono la
pubblicazione del disco, al basso con noi suonò Walter Clemente (Deasonika) con
il quale ho instaurato un rapporto di amicizia e stima reciproca che dura tutt'oggi.
D. A un certo punto dei Miura si sono perse le tracce, senza che sia stato annunciato uno scioglimento ufficiale (salvo che a me sia sfuggito). Se non sono indiscreto, quali sono le ragioni che vi hanno portato a interrompere il sodalizio?
R.
È stata un'evoluzione naturale delle cose. Dopo 3 abbiamo scritto e registrato
una manciata di canzoni nuove ma, nonostante fossero ottimo materiale, non
abbiamo più trovato lo stimolo per continuare. In qualche modo percepivo che
l'energia si era esaurita. A quel punto sentii l'esigenza di cambiare strada.
Adam Carpet nacque nella mia testa in quel periodo e ne parlai per primo con
Killa (Francesco Capasso). Da lì iniziò un nuovo percorso musicale e artistico
che ad oggi credo sia una delle cose migliori che ho fatto.
D. Oggi si parla tanto di indie, parola forse abusata perché molti musicisti che si definiscono tali sono sostenuti da major. È una definizione che potrebbe essere data ai tuoi progetti post-Timoria, ossia Miura e Adam Carpet?
R. Se
parliamo di indie inteso come musica prodotta in maniera indipendente
assolutamente sì. Miura e Adam Carpet sono esistiti grazie alla forza, anche
economica, delle due band in primis, con l'aiuto poi di label indipendenti come
Edel, Target, Rude Records, Irma Records e non ultima la mia Prismopaco con cui
produssi 3 dei Miura. L'indie di oggi non ha nulla a che fare con la musica
indipendente, è un'etichetta, un modo per targettizzare la musica. Non mi sono
mai piaciute le etichette, ma se proprio dobbiamo usarne per definire la musica
che ho fatto e faccio, mi piace usarne tante tutte assieme.
D. Tu sei anche un produttore, con l'etichetta che hai fondato qualche anno fa, la Prismopaco. Puoi parlarci di questo progetto?
R. Prismopaco
è una label che ho fondato nel 2008 in totale autonomia. Essendo io l'unico a
lavorarci, beneficio dei vantaggi di gestire in totale autonomia le scelte
artistiche, spesso schizofreniche, e di contro subisco gli svantaggi di non
avere una struttura che possa avere la forza che servirebbe per promuovere la
musica come si deve. Con gli artisti che si propongono cerco di essere sempre
molto limpido sulle reali capacità di penetrazione sul mercato, non faccio promesse
che non posso mantenere; chiarite le premesse, se si decide di lavorare assieme
ci metto il massimo. Negli anni ho avuto le mie piccole soddisfazioni con i
dischi di Stoop, Kitsch, che ho prodotto anche artisticamente nello studio di
Cattognano, Royal Bravada, Richard J Aarden, Slowtide, Barack, Yellow Moore,
Softloud, The Perris, Merkel Market, Psychovox, The Circle, MUTO, In.Visible,
Tita, Coclea, Dave Muldoon, Deltacut, Nails And Castles, March Division, Matteo
Sand, e tutti dischi pubblicati con i miei progetti del10 e Gentle Eyes In The
Gloom... Tutti dischi bellissimi che mi hanno dato tanto anche se magari non
hanno fatto grandi numeri.
D. Il supporto materiale perde terreno, addirittura si parla di una prossima scomparsa del compact-disc a tutto vantaggio della musica liquida. Eppure il vinile resiste e ogni anno guadagna una consistente fetta di mercato. Da addetto ai lavori, quale sarà secondo te il futuro dell'industria discografica?
R. Difficile
dirlo, in questo momento poi ancora di più. Il mercato digitale è in continua e
rapidissima evoluzione, ormai non si può più prescindere dal digitale, bisogna
farci i conti, ma bisogna anche avere l'attitudine giusta nella comunicazione
sulle piattaforme. Il mercato digitale viaggia su binari diversi da quelli del
fisico, c'è bisogno continuamente di contenuti, e solo chi ha un forte
“carattere” sui social riesce ad emergere e farsi notare nel mare magnum della
musica liquida. Ma il ritorno del vinile è un indice importante, gli
appassionati di musica secondo me hanno ancora bisogno di matericità e di
qualità, il vinile conferisce alla musica la giusta dignità e sono convinto
che, a differenza del cd, non scomparirà mai.
D. Stiamo vivendo un'emergenza sanitaria senza precedenti e la musica ne sta risentendo pesantemente: basti pensare al fatto che un'intera stagione di concerti è stata annullata. Molti analisti sostengono che, una volta cessata l'emergenza Covid-19, niente sarà come prima e non saranno più consentiti i concerti affollati. Tu cosa ne pensi? Quale sarà secondo te il destino della musica dal vivo, quantomeno nel prossimo futuro?
R. Oggi la crisi generata dalla
pandemia ha aperto nuovi scenari imprevisti, come il boom di eventi in streaming
da casa o da location senza pubblico. Spero vivamente si tratti di una fase
temporanea. Ho sempre pensato ai concerti come una risorsa importante e
insostituibile per gli artisti, proprio perché esperienza unica di aggregazione
e unico momento in cui una band o un artista si esprime istantaneamente e
comunica dal vivo con il proprio pubblico. Oggi però anche questa certezza è
messa in dubbio. Non so, io sono sempre fiducioso, credo che questa situazione
si risolverà e torneremo ad una vita “normale” pur con una nuova
consapevolezza. Ma navighiamo a vista. Di certo non sarò felice se l'unico modo
per assistere ad un concerto sarà di farlo chiuso nella propria auto.
D. Quali sono i tuoi progetti futuri, come musicista e produttore?
R. Nel prossimo
futuro ci sono un disco con un progetto rock inedito, un disco di del10, un paio di collaborazioni e altre cose a cui sto pensando... Mi piacerebbe poi
tornare a lavorare con Adam Carpet, se troveremo i giusti incastri non lo
escludo affatto. Purtroppo non è il momento ideale per pianificare, bisognerà
vedere come si evolve la situazione Covid, ma le cose in cantiere sono diverse e
spero di poter tornare a lavorarci presto. Per ora si fa quello che si può.
Sono convinto che nella musica, una volta archiviato questo periodo di crisi
terribile, ci sarà un'esplosione di energia mai vista. Ci vuole tenacia e
fiducia ma i musicisti e tutti quelli che lavorano in questo mondo sono
abituati a fare tanti sacrifici e a confrontarsi con situazioni precarie... Sapremo
trovare la forza di reagire.
Diego Galeri alla batteria (foto di @stebrovettoph)
I Miura, foto tratta dal libretto di Croci (2008)
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