Se si volesse definire
con un’unica parola l’ultimo disco di Niccolò Fabi, bisognerebbe utilizzare
l’aggettivo “intimo”. Una somma di piccole cose è un album raccolto,
individuale ma non individualista, che scruta i sentimenti profondi dell’artista
e dell’ascoltatore. L’atmosfera confidenziale emerge già dai titoli dei brani,
come Le chiavi di casa o Facciamo finta, che evocano una dimensione chiusa
in se stessa. La sensazione è confermata dalla graziosa confezione in digipack
e dal libretto interno, che raccoglie due sole foto dell’artista, che, chitarra
sulle spalle, passeggia con aria meditabonda in un sentiero in mezzo al bosco.
Basterebbe questo,
basterebbe osservare il disco prima ancora di inserirlo nel lettore, per
comprendere appieno in quali atmosfere si verrà calati. Come riportato nelle note
interne, il lavoro è stato scritto, suonato e registrato dal solo Niccolò Fabi,
che per l’occasione si è ritirato in un casolare a Campagnano di Roma nei mesi
di febbraio-aprile 2016. Unico ausilio esterno quello dei cori; per il resto,
Fabi ha suonato da solo tutte le tracce, prediligendo gli strumenti acustici.
Si tratta di un disco dalle tinte folk, anche se estremamente contemporaneo
nelle tematiche trattate; a me ha ricordato Nebraska di Springsteen e Bryter Layter
di Nick Drake. La musica è un sottile tappeto che sostiene le liriche, tutte di
buon livello. Prevale la chitarra acustica, con tracce di pianoforte e di
elettronica, mentre mancano quasi del tutto le percussioni. Le canzoni sono
nove, con una cover degli Hellosocrate, Le cose non si mettono bene.
Una somma di piccole
cose è il canto di una generazione che, dopo essere stata illusa dalla società
tecnocratica e dall'effimero benessere, vuole ritrovare le radici di sé. Ciò è
evidente nel brano Ha perso la città, dove Niccolò tratteggia abilmente una
metropoli italiana dei nostri giorni (leggasi Roma), evidenziando il punto
cruciale dell’attuale disastro, che non è solo nella cementificazione
selvaggia, quanto piuttosto nel fatto che si è perso il valore della comunità
umana. Occorre dunque adeguarsi ad una Filosofia agricola, citando il titolo della
quarta traccia. Il disco è arricchito da meravigliose ballate, come la
nostalgica Facciamo finta, l’eterea Una mano sugli occhi e la sorprendente
Le chiavi di casa, con testi sempre sopra la media. La canzone che dà il
titolo all’album, invece, è una vera e propria dichiarazione d’intenti, un
invito ad abbandonare i bisogni apparenti imposti dalla società dei consumi, in
favore di una vita di piccole cose, quale ancora di salvezza e strumento di felicità.
Il disco si chiude con una enigmatica canzone, Vince chi molla, dove di fatto
viene rovesciato il mito dominante dell’essere vincenti ad ogni costo.
Alcuni recensori, commentando questo lavoro, hanno parlato
di piena maturità artistica per Niccolò Fabi. Non conosco sufficientemente la discografia del cantautore per potermi
esprimere al riguardo. Di certo, è un gran bel disco, che si lascia ascoltare
e assimilare, che intrattiene piacevolmente e al tempo stesso fa riflettere.
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