Soldato ignoto, ultima prova dietro la macchina da presa per Marcello Aliprandi (1934-1997), può essere definito un gioiello nascosto del nostro cinema. Nel 1995 fu persino premiato al Festival Internazionale del Cinema di Salerno, eppure oggi è una pellicola quasi dimenticata. Buona la prova di un cast che annoverava ottimi interpreti, tra cui Martin Balsam, Giovanni Guidelli e un bravissimo Angelo Orlando.
La trama ci riporta agli ultimi anni della Seconda guerra mondiale. Sono i giorni confusi che seguono l'armistizio dell'otto settembre del 1943: il Regio Esercito è sbandato e l'Italia diventa improvvisamente teatro di una feroce guerra che vede contrapposti gli Alleati alle truppe nazifasciste. La vicenda si svolge in un luogo imprecisato del Meridione, sebbene sia possibile collocarlo nella provincia di Salerno, in virtù di due riferimenti geografici menzionati dai protagonisti, Pontecagnano e Capaccio. Nel bel mezzo di una battaglia si forma una nebbia così fitta che alcuni soldati degli opposti schieramenti si smarriscono e sono infine costretti a rifugiarsi in un'antica magione in stile neoclassico. Il palazzo è vuoto, eppure vi sono tracce di vita recente, come il fuoco che arde nei caminetti. Qui e lì sono inoltre ammonticchiati elmetti, divise e armi risalenti a diverse epoche storiche.
Alla spicciolata arrivano tutti: due ufficiali e un soldato inglesi, un soldato italiano, uno tedesco, un disertore americano, una crocerossina e un ambiguo corrispondente di guerra italiano. Il palazzo è come una prigione dorata, perché non è possibile uscirne a causa della fittissima nebbia, ma al tempo stesso è riscaldato e dotato di ogni comfort. Che ci sia qualcosa di anomalo è evidente a tutti, ma nessuno è davvero preparato a scoprire la verità, ovvero di essere rimasti uccisi nel corso della battaglia. Essi sono tutti morti e il palazzo è una sorta di luogo di transito dove vanno le anime dei defunti di guerra, forse prima di raggiungere l'aldilà.
Soldato ignoto non è dunque un film di guerra, almeno non nel senso classico. Si tratta infatti di un lungometraggio che potremmo tranquillamente catalogare nel genere fantastico, sia pure entro una cornice realistica. Anzi, a pensarci bene, cosa c'è di più reale e concreto di una guerra? La guerra è proprio la tragedia collettiva in cui sono più forti le esigenze del reale; per questo l'opera di Aliprandi è particolarmente originale, per aver commisto elementi fantastici a una vicenda fortemente realistica. É un'opera di denuncia che porta avanti un chiaro messaggio antimilitarista, avvalendosi tuttavia di un espediente fantastico.
Sebbene sia stato girato tutto in interni, il film scorre senza annoiare mai e senza tempi morti. I dialoghi tra i personaggi prevalgono rispetto all'azione; la stessa guerra è più evocata dai rumori che provengono dall'esterno, quali spari e boati, che realmente vissuta dai protagonisti, se non attraverso i ricordi. Nella condizione di convivenza forzata in cui si vengono a trovare, essi raccontano scampoli della propria esistenza, consci del fatto che presto dimenticheranno tutto, una volta chiamati a lasciare quel limbo che è il palazzo. E proprio nel racconto si scoprono diversi eppure uguali, perché al di là della bandiera e della divisa esistono valori universali che accomunano tutti gli uomini. Lo stesso concetto del "nemico" svanisce, al punto che persino il riottoso tedesco diventa parte del gruppo e alle regole del gruppo si adegua.
In questi tempi bui si è tornato a parlare di guerra in maniera spregiudicata, come purtroppo dimostrano non solo le tragedie dell'Ucraina e della Palestina, ma anche le voci imperiose dei potenti della Terra che incitano all'odio tra i popoli e al riarmo. Guardare un film come Soldato ignoto, a maggior ragione in quanto sconosciuto ai più, diventa allora quasi un atto politico, una forma di ribellione ideologica a chi, colpevolmente immemore degli orrori del passato, vorrebbe ancora farci credere che la guerra sia una soluzione ai problemi del mondo e non un'immane tragedia collettiva.